Frank Zappa – The Grand Wazoo (1972)

Pubblicato: gennaio 7, 2018 in Recensioni Vintage
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Dicembre 1971. Mancano ormai solo quindici giorni al Natale, quando durante un concerto presso il mitico Rainbow Theatre di Londra, Frank Zappa viene letteralmente assalito da un fan che lo fa carambolare giù dal palco. Risultato: fratture multiple che costringeranno uncle Frank ad una lunga rieducazione e ad un tormentato periodo a bordo di una sedia a rotelle.

Ma stiamo parlando di Frank Zappa…ed il nostro non si perde d’animo, continuando a scrivere e suonare pur se da una posizione disagiata. L’anno seguente infatti, 1972, sforna due album maestosi quanto a contenuti, contaminazione ed innovazione: Waka/Jawaka e appunto, quattro mesi dopo, The Grand Wazoo.

E’ questo il periodo nel quale il musicista di Baltimora forse più si immerge nell’alveo fusion; decide così di allargare a dismisura il gruppo trasformandolo in una vera e propria big band, per richiamare, implementare ed aggiornare i meravigliosi accenti di quell’incredibile capolavoro che rimarrà Hot Rats

Il disco, interamente scritto, composto e arrangiato dal chitarrista, mette insieme cinque brani strumentali che risultano dei veri e propri traccianti, di una forza propulsiva immensa e, tanto per non smentirsi, di grana finissima. 37 minuti di un ascolto a perdifiato, esaltante, che al termine lascia esausti ma in uno stato di quasi beatificazione.

La partenza di For Calvin (And His Next Two Hitch-Hikers) non racconta subito quali siano le intenzioni della band. La tessitura indugia su una improvvisazione che solo a tratti induce ad intuire quello che sarà il vero svolgimento, pur se qualche eco “davisiana” fa capolino in più occasioni.

Lo stesso ensemble formato da una ventina di elementi replica a stretto giro con la lunga title track, aperta da un incipit a dir poco trascinante. Su di una struttura estremamente composita e stratificata una nutritissima schiera di fiati spadroneggia, assecondata dal ritmo incalzante impresso della batteria del grande Aynsley Dunbar e da più percussioniNon mancano ovviamente improvvisi guizzi della chitarra di FZ ma, ripeto, è la sezione fiati a dominare, quando d’insieme e quando solisticamente. Poco più di sette minuti di jazz-rock di alta scuola, una visione assolutamente alternativa.

Di nuovo, è completa contaminazione tra rock, jazz ed orchestra; i fiati rimangono assolutamente protagonisti così come il minimoog di Don Preston, collaboratore di lungo corso di Zappa e delle Mothers. Il ritmo è inarrestabile ed in continua variazione, ottima sponda per i solos di tromba (Sal Marquez) e trombone.

La facciata B del disco si apre con le note di Cletus Awreetus-Awrightus, brano estremamente contenuto e a metà tra il serio ed una divertita improvvisazione di marca puramente zappiana, in cui fa la sua comparsa al piano ed alle tastiere quel grosso calibro di George Duke.  E proprio sulle note del piano elettrico di Duke prende quota uno dei tanti pezzi che lasceranno il segno nella storia, Eat That Question.

Frank ed il suo gruppo divengono maestosi proponendo un mélange di classe cristallina, un distillato raffinatissimo dove ogni nota, ogni suono, stanno perfettamente incasellati al proprio posto in un intricato ma efficacissimo ingranaggio sonoro. E’ un motore che gira fluido, libero, senza tentennamenti, Dunbar si conferma maestro nel disegnare trame ritmiche variate ed imprevedibili. George Duke da ampio sfogo al suo talento pianistico prima dell’irrompere della sei corde di Zappa, qui davvero devastante.

Blessed Relief porta l’opera a compimento sottolineando ancora le qualità di Sal Marquez (prezioso alla tromba) e del pianista americano. Un’atmosfera ovattata, calda e punteggiata da molteplici sonorità, più languide e ben amalgamate, a denotare tra l’altro la grande duttilità dei musicisti. Una chiusa di una bellezza disarmante.

Il lungo filotto di Frank Zappa, cominciato da tempo, non si esaurirà di certo qui; poco meno di un anno dopo pubblicherà un nuovo prontuario di bellezza, Over-Nite Sensation ed altri ancora seguiranno poi.

 

Max

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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