Premiata Forneria Marconi – Come ti va in riva alla città (1981)

Pubblicato: gennaio 17, 2022 in Recensioni Vintage
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PFM

Esaurita la fase prog-fusion ed archiviata (temporaneamente) la parentesi De André, la Premiata Forneria Marconi nel 1980 spiazza tutti i suoi fans con un disco (Suonare suonare) che taglia radicalmente i ponti con il passato, indirizzando il sound verso un rock decisamente più accessibile, ad abbracciare in modo inequivocabile la forma-canzone, seppur di pregio ed ottima fattura.

Da molti appassionati questo viene vissuto come un tradimento ma, complice il periodo, la strada è ormai tracciata e, come si dice in questi casi, il ferro va battuto finché é caldo. Il successivo abbandono di Flavio Premoli è un durissimo colpo per la band ma l’ingresso di Lucio Fabbri ed il nuovo ruolo di front-man che Franz Di Cioccio si cuce addosso (sdoppiandosi alla batteria) regalano incoraggianti riscontri nei relativi live.

E così poco meno di un anno dopo, nel febbraio del 1981 per l’esattezza, la Premiata pubblica per Numero Uno il nuovo lavoro intitolato Come ti va in riva alla città. Questo è un disco che evidenzia ancora di più il cambiamento di pelle del gruppo, la cui formazione si è intanto ridotta a quattro elementi; i brani sono molto diretti, scarni per certi versi. Le tematiche affrontate sono quelle del disagio urbano giovanile con particolare attenzione a quelli che sono i quartieri periferici di una grande metropoli (Milano in questo caso). Dunque i sogni, le speranze, le aspirazioni che spesso vanno ad infrangersi contro una realtà dura da digerire e che poco concede a chi, in qualche modo, si sente emarginato.

C’è una precisa volontà di Di Cioccio e compagni di dare un segnale e per questo testi e musica sono scevri di qualsiasi orpello, ancor più rispetto al disco precedente. Come ti va in riva alla città vuole essere il tentativo di recuperare quel rock “di strada”, urgente, che i primi anni ’80 stanno collocando in prima linea e che necessita in qualche modo di essere rappresentato.

La doti tecniche dei musicisti sono intatte ma è il canovaccio ad essere totalmente stravolto e lo si percepisce fin dall’incipit di Come ti va, cupo e quasi ostile nelle note del basso di Patrick Djivas e della chitarra di Franco Mussida. Il tema dell’amicizia ai margini del pulsare della città è descritto con grande vigore da Di Cioccio mentre il brano prende quota grazie ad un ritmo crescente sino al termine.

Un arpeggio di Mussida ed un basso corposo aprono Weekend, altro spaccato di vita che mette in luce un testo ficcante mentre musicalmente denota un buon tiro, alternato a brevi attimi sospesi nei quali compare anche il violino di Lucio Fabbri.

E’ il synth ad introdurre la serrata Quartiere Otto, probabilmente il passaggio più compiuto del disco. Di nuovo va sottolineata l’efficacia di un testo descrittivo e realistico, incorniciato da sonorità rock inedite per la band ma funzionali al momento.

Rock in LA plana su un r’n’ r frizzante e serrato, frutto di semplicità e pure di un messaggio diretto; la chitarra si ritaglia spazi solisti ben calibrati mentre è il basso a segnare i principali break. Nel complesso una traccia dal ritmo coinvolgente.

Il secondo lato si apre con il brano forse più di successo, grazie anche a ripetuti passaggi radiofonici. Chi ha paura della notte? vive un abbrivio tambureggiante per poi immettersi su di un andamento circolare esaltato dal refrain. Franz Di Cioccio veste ormai i panni dell’anti-eroe notturno diventando in qualche modo un emblema; la trama però è di relativo spessore.

Indians è inizialmente guidata dalla chitarra di Francone e si presenta come un altro pezzo rock ruvido e tirato. Il sound della Premiata si è completamente trasformato, poco o niente del lucente passato è rimasto, travolto da una insopprimibile urgenza comunicativa.

Si rimane su ritmi incalzanti per la successiva Poeta mancato ma il cantato/recitato di Franz qui non è irresistibile. Va meglio con le svisate di Mussida ma questo pezzo, a mio vedere, resta l’anello debole della catena.

Chiude i conti Meno male che ci sei, ornata dal bel suono fretless di Djivas. Si tratta dell’episodio più ricco di atmosfera, una ballad dal sapore vagamente rock-jazz che rimanda da vicino a segmenti di Suonare suonare, impreziosita da un gustoso break della chitarra.

La parabola discendente della PFM si delinea ormai chiaramente ed il crollo giungerà con le due pubblicazioni seguenti, dove la scarsa ispirazione susciterà esiti nefasti. Meno centrato di Suonare suonare e già con un piede nel baratro, Come ti va in riva alla città è un grosso passo indietro; conserva però un desiderio di mettersi in gioco e di uscire dalla propria comfort-zone quanto meno da apprezzare.

Max

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