frontMusicista e produttore tra i più prolifici e di qualità sulla scena prog nazionale, Cristiano Roversi possiede una dote a mio avviso rara, e cioè la capacità di racchiudere in ogni frangente, in ogni progetto, l’amore per le sonorità delle origini unito al gusto ed alla sfida verso un sound più fresco ed attuale. Prerogativa di pochi, appannaggio di una ristretta elite di artisti che seguendo questo “credo” sono in grado di infondere continuamente nuova linfa ad un genere ormai in perenne rischio di avvitamento su sé stesso.

Journey Through Mine è il titolo del terzo album a nome Submarine Silence, recentemente pubblicato per Ma.Ra.Cash Records e tiene fede a queste premesse, ponendosi come step evolutivo dell’ottimo  There’s Something Very Strange In Her Little Room (2013).

Chi segue da vicino infatti le vicende della casa madre, i Moongarden, non potrà non ritrovare pure qualche sprazzo alternativo riconducibile agli ultimi due lavori della band mantovana, in particolare all’ultimo Voyeur. Pur essendo le band due entità ben distinte e separate, le mani di Roversi (tutte le tastiere immaginabili e basso) e del fido e talentuoso chitarrista David Cremoni sono ormai un trademark indiscutibile, che si riversa puntualmente ad ogni ascolto.

Con l’ausilio di Emilio Pizzocoli alla batteria (un ritorno) e la voce di Guillermo Gonzales (ex frontman dei Mothercare), i Submarine Silence mettono in scena un altro viaggio in musica tra emozioni di antico e nuovo stampo, tra consolidate reminiscenze symphonic prog ed intuizioni più attuali e stimolanti.

Sonorità fiabesche, il coraggio per improvvisi e moderni inserti, l’interessante “pasta” della voce di Gonzales, un drumming sempre calibrato e perfettamente funzionale allo svolgimento dei brani…da un punto di vista tecnico-qualitativo, anche volendo, è complicato andare a trovare qualche difetto a questo album. I sette pezzi in scaletta regalano una cascata continua di sensazioni, alternando strumentali pregnanti ma scorrevoli a passaggi cantati di altrettanta e genuina intensità. C’è coesione ma al tempo stesso varietà e questa credo ne sia la migliore chiave di lettura e ci sono, è bene ribadirlo, le massive ed emozionanti partiture delle keyboards di Cristiano Roversi e gli arabeschi delle chitarre di David Cremoni.

Certo, resta fuori di dubbio che l’animo evocativo e sognante dei due indirizzi ancora una volta la musica verso coordinate emotive e vibranti; i tre passaggi strumentali a questo proposito ne sono un perfetto esempio, sospesi tra atmosfere comunque dinamiche e suggestive dove trovano ampio spazio segmenti serrati (The Astrographic Temple), episodi in cui è la vena romantico/epica a prevalere (Canova’s Gypsoteque), altri infine in cui tutto questo riesce ad elevarsi esponenzialmente a livello emozionale e dove il crescente ed incontenibile fraseggio tra piano, tastiere e chitarre lascia senza fiato (Five Lands Nightwind).

Sul fronte dei brani che prevedono parti cantate c’è da registrare il buon eclettismo di Guillermo Gonzales, capace di passare attraverso momenti idillici e di rara intensità (Black Light Back), accenti ritmici molto marcati (Swirling Contour), richiami e sapori coinvolgenti appartenenti ad un’altra stagione del progressive (la title track), toccanti episodi in cui il pathos raggiunge l’apice (Butterflies).

Non rimane molto da aggiungere se non un plauso a tutti i componenti dei Submarine Silence. Album da avere, Journey Through Mine non deluderà.

Max

 

 

 

 

 

 

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