Grande attesa per l’uscita di Detachment, quinto e nuovo lavoro dei Barock Project, pubblicato a due anni di distanza da Skyline e che vede la band rimasta “orfana” della voce di Luca Pancaldi e, al tempo stesso, il debutto in sala d’incisione del bassista Francesco Caliendo.
Il pianista, polistrumentista e compositore Luca Zabbini, anima del gruppo emiliano, oggi ricopre anche il ruolo di cantante con risultati più che confortanti.
Esaurita la premessa, tengo a sottolineare come questo nuovo lavoro segni un ulteriore step nella discografia dei BP, un processo che mostra di essere ancora in positiva e propositiva evoluzione.
Ritmo e linee corpose, progressive accelerazioni, pennellate sognanti del piano e delle keyboards, melodie romantiche, arrangiamenti curati ma non ridondanti, strappi intensi della chitarra; questo e molto altro ci regala il giovane quartetto emiliano, capace di progredire e reinventarsi ad ogni uscita.
Resta qualche concessione sonora al passato, sparsa qua e la, ma in forma contenuta e gradevole, senza sconfinare nella preponderante malinconia per un tempo ormai lontano. A tale proposito (so di ripetermi) rimango del parere che se Zabbini e soci sapranno sfrondare definitivamente il sound da questi residui richiami ne guadagnerà non poco la loro (già solida) cifra stilistica.
Fornito il quadro d’insieme, voglio soffermarmi ora sui singoli brani cominciando dalla pulsante Promises, in cui l’arsenale di tastiere e il drumming arrembante di Eric Ombelli sono gli autentici mattatori; melodia, armonia e ritmo si trovano magnificamente tra loro e va sottolineata pure la buona prova nel ruolo di voce solista di Luca Zabbini.
L’andamento morbido e cadenzato di Happy to See You, quasi in odore prog folk, registra una linea melodica larga e crescente prima di un break dell’ Hammond. Di qui il piano guida per una seconda frazione segnata da un prepotente solo della chitarra (Marco Mazzuoccolo).
Proseguendo, le linee lievi di One Day si intrecciano man mano, divengono sinfoniche e si caratterizzano per evidenti rimandi a grandi nomi del passato (P.F.M.e Jetrho Tull) in un segmento strumentale molto tirato; grande, al solito, il lavoro di ricamo del piano.
Un brano camaleontico, dalle due facce, a doppia velocità (Secret Therapy); la voce di Peter Jones (Tiger Moth Tales) a guidare il gruppo in Broken, lungo episodio aperto da una pregevole partitura del piano e che si snoda con un arrangiamento ascendente, sino ad un epilogo suggestivo con la sei corde protagonista.
Ritmo in primo piano, contrappunti del piano, una chitarra spagnoleggiante in Old Ghosts; una torrida e malinconica ballad condotta magistralmente dal piano e cantata ancora da un ispirato Peter Jones (Alone).
Una traccia apparentemente soft e capace poi di mettere in luce la forza ed il tiro della band (Rescue Me); con un fitto arpeggio dell’acustica si apre Twenty Years, una ballad delicata e dai toni soffusi ravvivata da un segmento centrale ritmico e serrato.
Improntata ad un approccio electronic, Waiting trova nello svolgimento i consueti spazi per i molteplici tasti di Luca Zabbini ed improvvise accelerazioni ritmiche, vere e proprie fughe in avanti.
Una melodia dolce e suadente, nostalgica, è la trave portante di A New Tomorrow; rinvigorita nella fase centrale da un movimento più articolato e ritmico, quindi da un epilogo travolgente.
Conclusione con Spies, l’unico passaggio del disco che non mi suscita irrefrenabile entusiasmo nonostante non manchino colpi a sorpresa tra i quali una buona improvvisazione jazzy.
75 minuti di musica, ripartiti per 13 tracce delle quali la prima è una breve e piacevole intro per piano; di nuovo una mole di musica imponente che ha però il pregio di non scivolare mai nella noia, mantenendosi viva all’ascolto. E’ pur vero che forse non ogni singolo episodio è attraversato dalla medesima vibrante tensione ma, ribadisco, Detachment è un album assolutamente piacevole e coeso, un nuovo ed interessante capitolo per i Barock Project.
Max